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Via degli Arconti, 16, 89127 REGGIO CALABRIA

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Largo Francesco Richini, 6, 20122 MILANO

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IL RUOLO DEL PRESIDENTE DEL C.D.A. CON FOCUS SUL RISCHIO DI CRISI AZIENDALE

2021-04-15 15:35

MP & Partners- Studio Legale

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IL RUOLO DEL PRESIDENTE DEL C.D.A. CON FOCUS SUL RISCHIO DI CRISI AZIENDALE

Scopri il ruolo del Presidente - focus sul rischio di impresa.

▪ Premessa.

 

L’articolo 2086 c.c. impone sia l’adozione di un assetto organizzativo adeguato, sia, occorrendo, l’assunzione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero della continuità aziendale: rilevazione tempestiva e iniziativa, parimenti, tempestiva.

Indicatori di allerta sono i segnali che provengono dai ritardi nei pagamenti (i.e. oneri previdenziali o tributari, decreti ingiuntivi da parte dei fornitori) e sono sufficienti anche ritardi episodici e per importi non significativi.

Nella valutazione del rischio l’allarme deriva, in primo luogo, dagli squilibri tra la sostenibilità degli oneri di indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e, quindi, l’inadeguatezza dei mezzi propri dell’impresa rispetto a quelli di terzi.

Qualsivoglia sia la causa della crisi finanziaria dell’impresa (crisi da decadimento dei prodotti/servizi, da sovracapacità produttiva, da inefficienza tecnica, da carenza di pianificazione), è da questo segnale che discende il dovere dell’organo amministrativo di “assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte”, pena la responsabilità solidale dei suoi componenti per le conseguenze pregiudizievoli delle omissioni.

 

▪ Il Presidente del c.d.a. Quali sono i suoi poteri, i suoi compiti e le sue responsabilità?

 

Il presidente del consiglio di amministrazione di s.p.a. (chairman) si colloca al vertice della società e ha precisi doveri di monitoraggio del rischio di crisi aziendale.

Principale compito del presidente è quello di far funzionare in modo efficiente il consiglio, curando con imparzialità ed equilibrio il funzionamento dei lavori consiliari, assicurando l’efficace e informata partecipazione dei consiglieri. L’articolo 2381, comma 1, c.c. assegna all’esclusiva competenza del presidente la programmazione, l’organizzazione, il coordinamento, la conduzione dei lavori consiliari a cui si aggiunge l’attribuzione della responsabilità di funzioni aziendali strumentali all’assolvimento dei suoi compiti istituzionali, fra cui la segregazione societarie e la funzione relazioni esterne.

Il ruolo del presidente è cruciale per assicurare il rispetto dei principi di corporate governance, in quanto tenuto a svolgere la funzione di supervisore strategico dell’impresa.

Due passi fondamentali della norma sopracitata sono i seguenti: (i) individuazione delle materie da porre all’ordine del giorno; e (ii) attivazione affinché su dette materie tutti i componenti del consiglio possano essere adeguatamente informati. Questo duplice dovere del presidente presuppone che lo stesso conosca l’azienda e dunque le dinamiche dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, al fine di poter valutare la necessità di coinvolgere il consiglio nell’assunzione delle decisioni necessarie per garantire un corretto percorso gestionale, e trasmettere al consiglio, al fine di condividerne le iniziative da assumersi, i segnali d’allarme che impattano sulla situazione finanziaria dell’impresa anche alla luce del confronto tra i risultati conseguiti con quelli programmati e, quindi, i sintomi di una possibile crisi.

 

Con chi deve interloquire il presidente? 

 

La struttura organizzativa è alla base dell’organizzazione dell’azienda e ne costituisce la spina dorsale. Un dialogo costante fra il presidente ed il preposto al controllo di gestione e gli incaricati dell’internal audit, gli consente di disporre delle necessarie informazioni per evitare imprevisti e sgradite sorprese.

La riforma del codice civile del 2003 e, successivamente, il d.lgs. n. 14/2019, hanno codificato la necessità che la società disponga un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile, che si estrinseca nella distribuzione dei compiti e delle mansioni, e nella rilevazione contabile completa, tempestiva e veritiera delle informazioni valide e utili per le scelte di gestione.

La valutazione dell’adeguatezza dell’assetto è di competenza del consiglio di amministrazione; la cura che sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa compete agli organi delegati; i compiti di vigilanza sia sull’assetto che sul suo concreto funzionamento è in capo al collegio sindacale.

 

▪ Indicatori di crisi e ruolo del presidente.

 

La gestione corretta dell’impresa deve assicurare che l’attività non intacchi l’integrità ed il valore del patrimonio sociale e, quindi, in primo luogo, che la gestione operativa consenta un equilibrato rapporto tra ricavi e costi. La gestione dei rischi è pertanto un aspetto fondamentale della conduzione di ogni impresa. Compete al presidente una prima valutazione della congruità dei risultati attesi.

Nel momento in cui una serie di ricavi non consegue l’incasso, emerge il primo allarme. I ricavi che non generano incassi possono determinare uno stato di crisi dell’impresa.

L’equilibrio finanziario implica dunque il regolare incedere degli incassi e dei pagamenti.

Prima ancora dell’equilibrio reddituale e patrimoniale dell’impresa, compete al presidente conoscere gli indicatori atti ad evitarne eventuali squilibri di carattere finanziario, rilevabile – come stabilisce il codice della crisi – “attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettiva della continuità aziendale”.

Si ricorda che i singoli componenti del consiglio non hanno accesso agli uffici di contabilità e bilancio, né hanno in generale rapporti diretti con i componenti della struttura. È il presidente che deve avvertire se emergono prospettive di necessari futuri accantonamenti a fondo svalutazione e a fondo rischi. E si precisa che l’andamento dei ricavi e dei costi non è sufficiente ad avere una compita conoscenza della situazione finanziaria della società. Compete altresì al presidente informare il consiglio sull’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti come pure dello stato dei debiti verso i fornitori, compresa l’Agenzia delle Entrate, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale e l’Agente della Riscossione e, quindi, l’impatto che queste patologie riverberano sui rapporti col sistema bancario.

 

▪ Il delicato ruolo del presidente nel progetto di bilancio.

 

Come noto, l’assemblea approva il bilancio e, a tal fine, deve essere convocata almeno una volta l’anno.

La redazione del progetto di bilancio è di competenza del consiglio di amministrazione (art. 2423, co. 1, c.c.) nella sua collegialità, senza possibilità di delega all’amministratore delegato (art. 2381, co. 4, c.c.).

È il presidente del c.d.a. che deve evidenziare al consiglio le linee guida da eseguirsi nella predisposizione delle cd. scritture di assestamento (i.e. quelle scritture che hanno la funzione di trasformare i valori di conto in valori di bilancio per poter determinare la consistenza economica dei costi e dei ricavi in ragione dell’esercizio e una valutazione prudenziale degli elementi patrimoniali).

Pertanto, sulla scorta del dialogo con la struttura direttiva della società, il presidente rappresenta al consiglio le ragioni per cui alcune voci di bilancio presuppongono un procedimento valutativo con connotati di soggettività, con riferimento in particolare alle voci di bilancio che presuppongono una stima, ad esempio: i crediti, le partecipazioni in società controllate o collegate, le rimanenze di magazzino, gli ammortamenti, i fondi per rischi e oneri.

 

▪ Quali sono i profili di responsabilità del presidente?

 

Il presidente non ha l’obbligo di essere “perito” ma solo di essere diligente.

La norma di riferimento è l’articolo 2392 c.c. che concerne, in generale, gli amministratori: “gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze”.

Trattasi di una responsabilità per inadempimento che impone: (i) l’inadempimento di uno dei doveri degli amministratori imposti dalla legge e dallo statuto; e (ii) la prova che tale inadempimento abbia cagionato un danno al patrimonio sociale.

È senz’altro applicabile al presidente la regola del secondo comma dell’art. 2392 c.c. che impone il dovere di intervento, quindi la responsabilità, quando gli amministratori (nella specie, il presidente) essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno (non ha) fatto quanto potevano (poteva) per impedire il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.

Pertanto, di fronte a segnali di allarme (cd. red flags), il presidente non può rimanere inerte; è suo dovere approfondire e, quindi, sottoporre al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale i fatti di gestione anomali, specie se possono incidere sulla continuità aziendale della società. L’inerzia di fronte anche al semplice sospetto di patologie, può determinare responsabilità per i danni che sarebbero stati evitati se il presidente fosse intervenuto tempestivamente.

In conclusione, la responsabilità del presidente deriva dal non attivarsi e discutere con trasparenza se e quali misure erano opportune e potevano o dovevano essere prese, in presenza di squilibri e inefficienze che riducono la produttività e il fatturato, incidendo su una inadeguata copertura del fabbisogno finanziario.


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